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Resoconto HalloWild 2016


Domenica si è svolto l'incontro dibattito mercatino informale autogestito chiamato HalloWild che vorrebbe, tra l'altro, essere il primo di una serie di incontri in cui l'argomento principale è la lotta per la terra, affrontando di volta in volta gli aspetti che mettono in pericolo il suo delicato equilibrio.

Il primo, questo, era incentrato sull'agricoltura ed era aperto a chiunque volesse partecipare ed intervenire portando la propria esperineza.

Si è parlato quindi di sementi ogm e multinazionali con Earth Riot che ci ha esposto le problematiche causate dalla cosidetta Compagnia dei veleni, sull'espansione di queste compagnie nel nostro territorio con gli Antispecisti Pontini che ci hanno portato aggiornamenti sull'espansione di Monsanto a Latina e sulle forme di resistenza in atto con la testimonianza di Giovanni, contadino resistente che abbiamo avuto il piacere di conoscere ad un incontro sulla questione animale organizzato da AgriKulturae qualche mese fa ed al quale ci avevano invitati per portare la nostra esperienza.

Inoltre erano presenti studenti di agraria i quali hanno condiviso con noi perplessità sull'andamento non solo della questione agricola, ma anche dell'insegnamento di quella che ormai è diventata una nuova branca imprenditoriale.

Come detto durante l'introduzione all'evento, consideriamo sempre l'impatto ecologico di attività industriali, allevamenti intensivi, attività estrattive, produzione di energia ecc e diamo per scontato che mangiare solo frutta e verdura sia il massimo della sostenibilità, dell'ecologia e dell'etica.



HaLLoWiLd II - la vendemmia


Però ignoriamo spesso cosa c'è davvero dietro alle politiche agricole.
Quanti di noi si studiano e conoscono la PAC europea o il PSR nazionale e regionale?
Quanti sanno davvero cosa c'è dietro al commercio di sementi e dei fitofarmaci?
Quanti conoscono il vero prezzo o meglio, il vero valore del cibo?

Di questo si è discusso con l'obbiettivo comune di attuare una rivoluzione culturale, come in parte è già in atto, portando però un cambiamento necessario: includere anche gli animali come individui attori e fautori di questa rivoluzione.

Nel corso del dibattito è emerso come il sistema abbia creato un distacco tra la realtà e l'apparenza.
Si è discusso di alcune problematiche tipo come far capire alla massa che gli 80 centesimi di un barattolo di sugo al supemercato non sono così convenienti come sembrano oppure che i veri ortaggi naturali non sono quelli col bollino bio venduti a caro prezzo, di come di fatto ci si rifuta di conoscere e riconoscere chi coltiva le verdure che mangiamo dando ragione a quel sistema che considera il contadino come l'ultima ruota del carro anzichè considerarlo come alla base del tutto.

Accettiamo di finanziare la grande distribuzione senza sapere che dietro ad ogni prodotto, marchio e certificazione c'è un mondo fatto di sfruttamento a 360° quando invece si ritiene necessario conoscere da dove vengono la frutta e la verdura che consumiamo e chi la coltiva, per decidere se scegliere monoculture, piante ibride, trasporti lunghissimi, imprenditori vampiro, fitofarmaci e migliaia di vittime animali e umane oppure scegliere, quando non possibile l'autoproduzione, le sementi antiche e tradizionali, la cura sapiente, le consociazioni e gli insetti amici, la sinergia degli elementi.

Poi in tutto questo ovvio che sarebbe auspicabile per un antispecista, che il contadino stesso lo fosse ma purtroppo, soprattutto nella nostra zona, è alquanto difficile ed è per questo che portiamo avanti queste discussioni.

Per portare la resistenza contadina a fare un balzo ulteriore fino al riconoscimento dell'animale non più come subordinato, bensì come compagno di lotta.

E noi questo crediamo davvero che possa essere possibile.

D'altraparte la maggior parte dei produttori a livello industriale di prodotti vegani surrogati di carne e formaggio, non sono vegani... accettiamo di provare i prodotti vegetariani creati dalle grandi industrie della carne oppure i famosi panini vegani prodotti dal più grande sfruttatore di bovini europeo però ci scandalizziamo se il "nostro" contadino tiene 2 galline per prendere le uova o si mangia la carne senza considerare come è molto più semplice riuscire a far capire come sia sbagliata la logica del dominio a persone che vivono il contatto con la terra piuttosto a persone che vivono per il denaro, da qualcunque parte esso provenga.

Uno dei nostri obbiettivi è quello di dimostrare che si può tornare all'agricoltura escludendo però lo sfruttamento animale che spesso comporta, ed è proprio per questi motivi che Giovanni ci aveva invitati a parlare a Firenze ed è per questo che abbiamo invitato qui Giovanni ed è una discussione importante che riteniamo valga la pena di essere portata avanti e lo sarà.

D'altraparte se lottiamo, ad esempio, al fianco dei contadini sud americani contro la Monsanto dobbiamo anche mettere in conto che tra questi contadini di sicuro c'è chi mangia carne, se lottiamo per i popoli oppressi dalla guerra dobbiamo mettere in conto che stiamo lottando per persone che probabilmente non sono vegane.

Ma d'altraparte quando andiamo a fare benzina, il benzinaio non è vegano e la benzina comporta inquinamento, devastazione, ulteriori animali morti.
Quando andiamo in un ristorante che propone anche alternative vegan, comunque finanziamo un'attività che campa sulla pelle altrui.

Quando entriamo in un supermercato diamo soldi ad un sistema che con i nostri soldi pagherà anche i fornitori di prodotti a base di carni, pesci e derivati.
Viviamo in un sistema che vive sullo sfruttamento.
La nostra vita, la nostra società è permeata dallo specismo.
Prendiamo atto che siamo l'1% della popolazione.

Noi stessi spesso anche se non ci nutriamo più con carni e derivati, cerchiamo il prodotto che abbia gusto e forma simile al piatto di carne o derivati che ci piaceva... siamo drogati e ci lanciamo a capofitto su un metaforico metadone che consiste in fettine, wulster, arrosti sino ad arrivare all'insaccato attaccato ai ganci da macellaio.
Poco importa il richiamo violento, tanto è vegetale.
Considerando che pensiamo che tutto questo sia fatto per attirare chi vegano non è, anche se in verità attrae più noi che "loro".

Allora che fare? Non lottare per nessun altro che non sia l'animale non umano? Lottare per l'estinzione dell'essere umano?

Oppure lottare insieme per un mondo libero sapendo che nel momento in cui tutt* gli animali saranno liberi, umani compresi, ogni sfruttamento cadrà di conseguenza.

E' più facile far comprendere l'antispecismo a persone che già lottano contro altre forme di discriminazione o a chi deve le proprie ricchezze grazie esclusivamente a queste discriminazioni?

Questo posto, Agripunk, non esiste per i vegani che già hanno abbracciato una scelta e che già lottano per la liberazione animale o meglio, per loro esiste in qualunque momento vogliano venire a dare una mano o fare un pò di sane discussioni, per quello sempre il cancello è sempre aperto.

Ma gli eventi aperti al pubblico servono a chi vegano non è, a chi crede che gli animali non possano vivere senza avere una funzione per l'uomo perchè possano toccare con mano una realtà dove l'animale è semplice abitante e crediamo che questo valga più di mille discorsi.
Esausti ma soddisfatti della discussione, abbiamo poi cenato e bivaccato davanti alla stufa.
Il lunedì, prima che molti tornassero a casa, abbiamo iniziato insieme a pulire uno dei capannoni mentre alcuni sono andati a funghi trovandone e con i quali abbiamo preparato il pranzo.
Poi mentre altri arrivavano portando dolci e panzerotti, si preparava la cena di Halloween, si mangiava e si rimaneva fino alle 4 a discutere di animalismo e capitalismo.

Martedì la giornata è passata accudendo insieme le belve nel tiepido sole di inizio novembre.

Sperando che per tutt* sia stata una piacevole e costruttiva esperienza, vi lasciamo con la riflessione di Earth riot: "Una piccola riflessione in merito a questi 3 giorni passati ad Agripunk, dove gli interventi delle varie realtà invitate hanno offerto vari punti di vista dando il via a interessanti riflessioni.
Una su tutte: la necessità di una maggiore apertura verso l'intersezione delle lotte.
Un aspetto, questo, che ha messo in risalto una criticità nei confronti di un movimento che tarda ad affermarsi, spaccato tra chi conduce la lotta in maniera settoriale e chi invece sostiene le istanze antispeciste.
Ricordando che questi 3 giorni erano aperti a chiunque volesse portare la propria esperienza, abbiamo ascoltato le diverse realtà cercando di trovare un punto d’incontro sul quale porre l’attenzione, confrontandoci e discutendo su alcuni aspetti divergenti.
Tra festival vegan che ormai assomigliano di più a sagre, e iniziative condotte senza alcun tipo di percorso politico che possa auspicare la liberazione totale, i dibattiti proposti ad Agripunk hanno permesso di affrontare la questione animale sotto tutti i punti di vista, senza trascurare alcun aspetto della lotta partendo da quella per la liberazione della Terra.
Un concetto di liberazione sempre più fragile in un mondo avvelenato dai pesticidi e dove poche multinazionali possono vantare il controllo di semi e terre, come è stato denunciato nel corso degli interventi.
Un momento di interscambio fondamentale, anche per allontanarsi da quella preoccupante tendenza all'auto-ghettizzazione che troppo spesso contraddistingue il veganismo, generando una chiusura verso "l'esterno" che nuoce alla causa."

HaLLoWiLd II - la vendemmia